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Pfas, Miteni: "nuovo rapporto Ue, migliaia di tonnellate immesse". Antonio Nardone: "conferma i nostri dati"

Di Note ufficiali Lunedi 2 Luglio 2018 alle 12:59 | 0 commenti

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ECHA l’agenzia di regolamentazione delle sostanze chimiche dell’Unione Europea con sede a Helsinki -  rende noto con un comunicato Miteni Spa - ha pubblicato il 26 giugno scorso il documento che porterà alla definizione di una norma specifica sull’utilizzo del PFOA. L’agenzia è l’autorità che stabilisce il regolamento REACH a cui la Regione Veneto ha fatto pochi giorni fa riferimento annunciando la necessità di avviare i controlli su tutti gli utilizzatori di sostanze chimiche nei distretti di lavorazione delle pelli. ECHA indica tra i grandi utilizzatori di PFOA anche il tessile, le cartiere e chi utilizza inchiostri e tinture.

Il documento di ECHA non solo conferma quanto contenuto nella ricerca di Global Market Insight diffusa da Miteni nei giorni scorsi che rivelava l'uso di oltre 100 tonnellate anno di perfluorurati in Veneto ma riporta quantitativi ancora più elevati.
L’agenzia si è concentrata sul PFOA e ha diviso l’utilizzo di questa sostanza allo stato puro dalle sostanze definite PFOA correlate cioè che si trasformano PFOA una volta nell’ambiente. Queste ultime non vengono attualmente ricercate nelle analisi ambientali perché non sono ancora PFAS ma, si scrive nel rapporto rapporto, lo diventano in un tempo variabile tra qualche giorno e alcuni anni e l’impiego di queste sostanze in Europa è di migliaia di tonnellate all’anno.
ECHA descrive i quantitativi per ogni utilizzo in ambito europeo suddividendo l’uso per il trattamento dei tessuti, delle pelli e dei coloranti che talvolta in passato sono stati visibili nei corsi d’acqua del territorio della valle dell’Agno.
Scrive ECHA: “Una fonte indiretta di PFOA sono le aziende che utilizzano e smaltiscono sostanze che degradano in PFOA. Il mercato di queste sostanze ha un volume intorno alle 1.000 tonnellate anno nei trattamenti di pelle e tessuti e altre 150-200 tonnellate sono utilizzate per il trattamento della carta. Ulteriori 50 - 100 tonnellate vengono usate per colori e inchiostri”.
L’Unione industriale conciaria UNIC nella sua documentazione scrive che l’Italia rappresenta il 66% della produzione europea. Il Veneto vale il 52% della produzione italiana del settore. Ne consegue che la sola industria della pelle del Veneto consuma ogni anno, secondo i dati dell’agenzia europea che li definisce “per difetto”, circa 160 tonnellate di sostanze che rilasciano PFOA una volta in ambiente e che non sono mai state oggetto di analisi negli scarichi industriali. A questi vanno ad aggiungersi 30 tonnellate di PFOA e sali di PFOA puri o utilizzati in miscele vendute in Europa.
ECHA afferma di avere dati sottostimati perché non tutti i fornitori hanno risposto alle richieste dell’agenzia e già uno solo di loro ha comunicato volumi intorno alle 1.000 tonnellate per anno.
Questa indagine dell’agenzia europea è stata richiesta da Germania e Norvegia, realizzata dal Committee for Risk Assessment (RAC) e dal Committee for Socio-economic Analysis (SEAC) e ha lo scopo di definire modifiche al regolamento REACH per l’utilizzo del PFOA. Dal 1° giugno l’importazione e vendita di pefluorurati deve essere dichiarata al REACH e questo consentirà di avere dati sempre più precisi sull’utilizzo.
Dice Antonio Nardone amministratore delegato di Miteni: “L’agenzia europea è molto chiara, conferma i dati che avevamo diffuso sull’utilizzo dei perfluorurati nelle industrie della zona, e lo fa al rialzo. Era evidente dai calcoli delle concentrazioni che la diffusione di PFOA non poteva avere come fonte principale Miteni. Ora l’agenza europea dice chiaramente che la maggior parte di PFOA si produce da sostanze chimiche che nessuno ha mai cercato negli scarichi industriali del Veneto. Sostanze di cui sono state scaricate migliaia di tonnellate in ambiente per decenni dalle lavorazioni industriali e che Miteni non ha mai prodotto. Lo stesso vale per i terreni e la falda. La coscienza ambientale del secolo scorso era scarsa per tutti. Si deve ora verificare la situazione anche dei terreni di chi ha usato e sta usando PFOA e sostanze che si trasformano in PFOA dagli anni Sessanta quando i fiumi si coloravano in funzione delle tinture usate dalle industrie. Questi terreni percolano nelle falde acquifere, così come le discariche che hanno raccolto i fanghi di queste aziende”.

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