Quotidiano | Categorie: Lavoro

Ultimo saluto a Milos Cvejic: lo manda Luc Thibault

Di Edoardo Pepe Domenica 16 Aprile 2017 alle 12:17 | 0 commenti

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«Ancora un incidente mortale sul lavoro: Milos Cvejic di 25 anni, uno "straniero" serbo, poco dopo le 16 nell'azienda Dall'Alba di via IV Novembre di Santorso, di venerdì 14aprile. Morto come il suo compagno Jovica Novic di 42 anni morto anche lui a Santorso alla Valmorbida Snc»: così inizia la nota che pubblichiamo inviataci da Luc Thibault, USB Privato, che aggiunge il suo al nostro commento: «Operaio serbo schiacciato da lastra di ghisa a Santorso: nel 2017 è quinto morto sul lavoro a Vicenza, fra poco non se ne parlerà più». Un "altro" morto, scrive Thibault, che va a rimpinguare la triste moltitudine dei caduti sul lavoro. Caduti, schiacciati, carbonizzati, avvelenati.... Non tutte le loro storie sono raccontate da giornali e tv.

Ma l'affronto finale è che molti di quei morti scompariranno letteralmente dalle statistiche nazionali, la loro fine resterà avvolta per sempre nella nebbia. Semplicemente perché quei lavoratori non erano iscritti all'Inail o erano irregolari. E dunque rimangono e rimarranno invisibili.

Le storie delle morti bianche (ma che ci sarà poi di bianco in quelle morti?) si ripetono in un rituale tanto crudele quanto prevedibile.

Ogni anno, il dato arriva da Inail, sono circa 1.200 le vittime del lavoro nel nostro Paese; percentuali, in verità, approssimate per difetto, visto che il monitoraggio dell'ente previdenziale si riferisce esclusivamente ai suoi assicurati e non alla totalità dei lavoratori. Sgobbano senza il paracadute assistenziale gli agricoltori anziani, i lavoratori in nero, quelli gestiti dal caporalato, tanto per fare qualche esempio. Gli invisibili, insomma, che pure versano il loro sangue sull'altare dei profitti del padrone. Di questi morti si parla poco o nulla, come degli altri, del resto.
Le morti sul lavoro fanno notizia solo quando gli incidenti assumono i contorni di una tragedia collettiva, nonostante le percentuali di incidenti mortali si incrementino ogni anno del 20-30 per cento. Una strage quasi quotidiana, che si origina all'interno del sistema sociale disumano.
Una realtà tragicamente susseguente alla politica del profitto, che sacrifica vite alla redditività del capitale, attraverso il taglio dei fondi per la sicurezza e la tutela della salute, intensificando i ritmi del lavoro e ignorando, di fatto, le misure di protezione per la salvaguardia della vita dei lavoratori.
A tutto ciò si aggiunge il continuo ricatto del licenziamento, a fronte dell'obbligo di una produzione sempre maggiore pur mancando, come si diceva, le condizioni minime di sicurezza. In questo quadro, inevitabilmente, cresce in maniera esponenziale il numero degli incidenti, veri e propri omicidi commessi dal capitalismo killer e delle leggi fatto dallo Stato, come il Killer Jobs Act
Perché scrivo che è un assassino? Lo dico ai Segretari dei Confederali CGIL, CISL, UIL; in questi anni, quello che salta di più agli occhi è che a morire sui luoghi di lavoro al 95% sono lavoratori che non hanno l'articolo 18, solo una piccola parte, meno del 5% non sono coperti da questo articolo che tutela chi lavora anche sulla Sicurezza, per il semplice fatto che ti possono licenziare con una scusa anche se ti rifiuti di svolgere lavori pericolosi. Un altro esempio. In questo 5% morti nelle aziende che hanno l'articolo 18, molti non sono dipendenti dell'azienda stessa, ma lavoratori esterni che eseguono lavori all'interno dello stabilimento. Quasi tutti questi lavoratori sono artigiani o lavoratori di piccole aziende che non hanno la copertura dell'articolo 18.
Precarizzazione del mercato del lavoro, aumento dei ritmi di lavoro nelle fabbriche, cancellazione dell'articolo 18, ricatto dei padroni di trasferire la produzione all'estero: non sono altro che delle scelte politiche consapevolmente prese dai governi che in parlamento fanno finta di litigare ma in fondo sono tutti d accordo quando si tratta di fare pagare il prezzo della crisi economica alle fasce sociali più deboli (l'esempio del referendum a Pomigliano è lampante in quanto sia il centro destra che il centro sinistra erano d'accordo con Marchionne e con il suo infame ricatto di delocalizzare la produzione della FIAT all'estero così come poi fece a Mirafiori e a Termini Imerese, lo stesso si può dire della legge Fornero dove il PD e il PDL votarono la riforma delle pensioni voluta dal governo Monti).
Per onorare sinceramente la memoria di Milos Cvejic e degli altri cadui sul lavoro non bastano i concerti o le commemorazioni: bisogna prendere coscienza che solo con la lotta di classe si possono invertire i rapporti di forza e porre fine a queste tragedie sul lavoro. Il responsabile vero ha un nome e si chiama "massimizzazione del profitto" , ovvero capitalismo!

Luc Thibault, USB Privato


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