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Gambugliano non ci sta. La fusione con Sovizzo va ripensata

Di Giovanni Bertacche Venerdi 23 Giugno 2017 alle 21:26 | 0 commenti

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Gambugliano non ci sta. La fusione con Sovizzo va ripensata, così è troppo fredda. Ma sì perché Gambugliano rischia di scomparire non solo come entità geografica ma anche come comunità dotata dei servizi primari, scuole farmacia, medico, poste. L'assorbimento con Sovizzo mette in forse la sopravvivenza non solo del piccolo Comune ma pure quella dei suoi abitanti, costretti a scendere a valle per essere più vicini alla scuola, al medico, alla posta, una volta trasferitisi, per necessità di cose, nel centro di attrazione. Lassù resteranno i vecchi per affezione fintantoché non saranno costretti, a malincuore, a seguire i figli dai quali ottenere assistenza (grafico da Sovizziamo.it).

Le contrade lentamente si spopoleranno mentre sulle strade crescerà l'erba; i campi incolti non si distingueranno dai boschi e le frane sconvolgeranno i declivi per mancanza di interventi. I giovani non avranno tradizioni da raccogliere e i vecchi intristiti dall'esilio non avranno più occasioni per raccontare.
Questo il triste epilogo che, saggiamente, paventa il sindaco di Gambugliano. L'oblìo di una storia secolare, l'intruppamento in una collettività più vasta e per lo più sconosciuta di un manipolo di cittadini orgogliosi della loro indipendenza e della loro cultura; la desertificazione di una valle, le ricadute ecologiche. Qualche spunto da questa apparentemente minuscola, ma altamente significativa, vicenda.
La norma obbliga i Comuni più piccoli a unirsi o meglio a fondersi, con il limite demografico minimo di cinquemila abitanti. Ciò allo scopo di ripartire i costi e migliorare la qualità dei servizi ma, e questo non si dice, a scapito dell'autonomia. Così è già avvenuto in alcune realtà del Veneto e di recente pure nel vicentino con la formazione del nuovo Comune della Val Liona per fusione dei Comuni di Grancona e San Germano dei Berici. Ma ai referendum consultivi nei due centri, si sono recati a votare meno della metà degli aventi diritto.
Segno che la maggioranza più che indifferenza mostra rassegnazione di fronte all'ineluttabile destino dei piccoli Comuni, costretti a chiudere per ragioni di convenienze economiche. Ma proprio queste piccole comunità, perlopiù situate in ambito montano, sono insostituibili custodi dell'ambiente oltre che isole felici di culture e tradizioni. La loro soppressione, sia pur eutanasica, provocata con dosi di promesse, un delitto. Primancora che politico, culturale.
Il nostro territorio, già ricco di bellezze naturali con i suoi monti e le vaste pianure coltivate, e di ville, che il mondo ci invidia, è stato dapprima devastato da capannoni e da case, oltre ogni necessità. Ora si abbattono le ultime sentinelle del territorio provinciale: Posina, Laghi, Tonezza, i Comuni della Valdastico, della Prelessinia. Gli abitanti costretti a lasciare, mentre invece dovrebbero essere invitati a rimanervi in cambio di idonei interventi di sostegno.
Oggidì sono due le opportunità: l'informatizzazione dei servizi e la Provincia dei Comuni. Ma mentre la misura tecnica rimane inattuata, la nuova Provincia è ancora in cerca d'autore. Sicchè né si alleggeriscono i costi dei servizi né si semplificano le funzioni, ancora tarate sul modello dei grandi numeri (Gambugliano come Milano). Occasioni perdute con gravi danni al territorio e alle popolazioni. Grazie allora al sindaco di Gambugliano che, respingendo le sirene delle facili scorciatoie, obbliga cittadini e politici a rivedere la dissennata operazione di dispersione di comunità, preziose per il loro contributo di cultura e di difesa del territorio.

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