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Fiera degli Uccelli a Cavazzale, un invito al Comune di Monticello Conte Otto: abbandoni questa tradizione schiavista

Di Lettere al direttore Mercoledi 12 Settembre 2018 alle 09:34 | 0 commenti

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Ho appreso dal calendario nazionale 2018 della F.I.M.O.V. (Federazione Italiana Manifestazioni Ornitologico-Venatorie) che il 16 Settembre a Cavazzale nel Comune di Monticello Conte Otto (VI), si svolgerà una fiera del genere ispirata a tradizione, conservazione, addirittura tutela degli uccelli. Le associazioni venatorie hanno inventato la figura del "cacciatore ambientalista" che crea equilibrio nella natura, ovviamente uccidendo, ma è molto diverso dal cacciatore assetato di sangue che uccide per divertimento.

Il messaggio che deve passare è quello del cacciatore come garante degli equilibri ambientali e le fiere degli uccelli sono un mezzo per veicolare questo messaggio ma la realtà è un'altra.

In questi luoghi si passeggia tra animali chiusi in gabbia, mostrati e venduti al pubblico come merce in un lucroso evento commerciale e turistico, di evidente portata politica. Sono spesso erroneamente interpretate come manifestazioni a carattere ambientale dove poter avvicinarsi alla natura animale e vegetale: è un errore che nasce da una promozione lanciata dalle associazioni organizzatrici e da quelle venatorie che, tramite una pubblicità ingannevole, riescono a dare un significato e un'immagine irreale a questi eventi. Sono utilizzate immagini di boschi co nuccelli liberi che volano e cantano ma in realtà gli uccelli detenuti nelle fiere sono strappati al loro habitat naturale o nati e cresciuti in cattività, fatti riprodurre artificialmente, rinchiusi in gabbia o legati con una zampa a un trespolo e commerciati come merce.

Gli organizzatori affermano serenamente che gli uccelli impiegati nelle fiere siano nati in cattività. A prescindere dal fatto che si possa dubitare dell'affermazione, questa non è un'attenuante alla sofferenza perché gli uccelli nati in allevamento hanno comunque diritto a essere liberi: un animale allevato è, a maggior ragione, una vittima perché non ha mai visto e conosciuto la libertà.

Una carta che giocano gli organizzatori è quella della didattica, soprattutto nei confronti di bambini e bambine, senza interrogarsi sul modello etico che stanno proponendo: mostrare uccelli reclusi e impossibiliti a fare ciò che per natura fanno, cioè volare, è fuorviante e diseducativo perché trasmette l'idea della sopraffazione dell'essere umano su altri esseri viventi indifesi. In questo modo passa l'idea che il nostro rapporto con gli animali si possa realizzare attraverso la loro prigionia e detenzione; i bambini imparano a conoscere gli uccelli attraverso le sbarre, a considerarli merce da acquistare e portare a casa trasferendoli da una prigione ambulante a una stabile. Il rispetto e la protezione degli animali liberi è invece il fondamento per attuare rapporti interspecifici di armonia e rispetto. L'insegnamento da dare è quello di osservare il volo degli uccelli, ascoltarne le melodie, avvicinarsi a loro in modo discreto. Gli uccelli dovrebbero essere osservati con gli occhi puntati al cielo invece a queste fiere gli occhi sono puntati a terra, in un desolante labirinto di sbarre: sono le occasioni per celebrare l'apoteosi della gabbia in cui vi sono, imprigionati a vita, uccelli migratori, uccelli esotici, uccelli allevati per il piacere di sentirli cantare o per funger da richiamo per esemplari della stessa specie nella caccia da appostamento fisso.

Animali ai quali viene stravolto il ciclo vitale non sono considerati maltrattati, anzi, queste fiere hanno sempre le carte in regola nel rispetto del benessere animale che però non dovrebbe limitarsi al soddisfacimento dei bisogni fisiologici ma sulla possibilità di esprimere il proprio comportamento etologico. Ritenere un uccello in gabbia in una condizione di benessere è una presa in giro della scienza etologica, oltre che una crudeltà nei confronti dell'animale. Lo dimostrano i continui tentativi che gli uccelli in gabbia mettono in atto nel distendere le ali, allungare il collo, reggersi sulle zampe e soprattutto nel volare. Inoltre devono sopportare eventi stressogeni come il trasporto, lo scarico, la predisposizione della fiera, il flusso continuo di persone davanti alle gabbie. Chi dichiara di nutrire amore per gli uccelli ma poi lo trasforma in una pratica di possesso, non è credibile. Possedere un uccello e guardarlo dimenarsi imprigionato in una gabbia non è amore.

Invito il Comune di Monticello Conte Otto ad abbandonare questa tradizione schiavista per il bene di esseri umani e non umani.

Dr.ssa Paola Re

 

 

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